Lettera per Alberto Mori "Esecuzioni" (Fara Editore,2013) € 11,00

07.02.2013 01:27

Caro Alberto, ti ringrazio molto per le tue “Esecuzioni” che ho subito letto (o ascoltato). Nella certezza di aver trovato “un angolino tranquillo in cui parlare”, per dirla con John Cage, ho qui avuto il sentire di come la poesia sia sostanzialmente, e quasi sempre, la musica delle parole. E qui volutamente mi allontano (mentre la luce rossastra di questo angolo accoglie) dalla prevedibile idea del mettere in sonorità attraverso la voce i versi. Mi allontano, per ora, dall’opzione di esecuzione orale per avvicinarmi invece proprio alla pagina, alla pista libera e bianca, che viene abitata dalle parole, dai sintagmi, dai versi. L’alternarsi dei battiti è condensato nel corposo moto visivo delle sillabe (ecco…si percepisce un primo suono diffuso, l’avvio delle note in questa serata); tendenza a vedere “derma ventoso”, “discese tonali”, “coro ad accoro”, e davvero ogni nostro racconto si fa pausa e intervallo alla musica delle parole, al loro suono che abita l’arcaica “secuzione”, il modo dell’eseguire, l’atto e l’effetto rapido, il susseguirsi dei toni e, di conseguenza, la realizzazione di un proposito (ci portano da bere intanto, quasi con passo ritmico, e un lieve suono di chitarra). Poi il verso e il suono stesso si fanno preziosi quando un “romorio ronza irideo/nel sommesso del notturno”. Non so se, allora, donne ci attenderanno per una danza accennata, oppure insistente (non frenetica)… un vago umore umbratile potrebbe cogliersi in questo effetto che sa di seduzione, di qualcosa di concluso e di altro votato all’inizio. Ma niente mai finisce od inizia davvero… “il tinnito vuoto esce sintetizzato“… si concede il dono dell’inaspettato “madrigale vespertino” o l’insostenibile richiamo “al sole del sitar”. Potremo forse ritrovarci sotto la pioggia che tambureggia, quando essa cadrà, nel suo rumore costante, e sarà una sosta tra fisarmoniche e clarini… (ora le luci soffuse hanno cambiato colore…); s’imporrà una penombra dove le danze sono anche i singoli passi dei versi in scala, brevi, a tenuta di respiro e oscillazione. Le annotazioni numeriche in calce, ricordano tempi, ore e minuti, a definire la certezza di un evento talmente percepito dalla nostra attenzione, da non essere che apparenza di un ritorno. Però il libro se è anche rifugio lo è solo in quanto trincea dove la poesia combatte la sua battaglia decisiva… i versi dallo spazio ottico entrano come suoni nell’udito di chi legge e quasi ripete ad alta voce… l’incisione è avvenuta e consente un susseguirsi ritmico inarrestabile, oltre le forme e i confini consueti; verso tappeti luminosi, ma anche simulacri vuoti. Sequenze allora, a confronto con essenziali sintagmi e durate inavvertite, poiché molto si deturpa nel contemporaneo, ma molto altro si trasforma e contende al silenzio le iterazioni fosforescenti. La musicalità (che ora sta pian piano mutando) sfocia quasi all’esterno, da circuiti idraulici eroganti… si dilata ed estende, rimbalza, muove timbrica e riparte ancata… i pixel sono lampi che denotano la notte abitata dalla sonorità,dal dialettico, quasi atemporale scenario di un interno di caffè con le pareti rosse accese (a ricordare i muri di Van Gogh), e qualcosa di alchemico e profondo che porta la poesia, questa poesia, a incidere profondamente nella nostra potenzialità d’ascolto; a farci sensibili recettori della musica delle parole.

A. Rompianesi