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Storia del progetto

...scritturanomade... scrittura
vagante tra le sue attese e le sue speranze... percorso mobile verso una
parola che esprima l'oltre già presente nel suo immediato esserci. Il
suono delle parole, elemento caratteristico dell'espressione poetica in
particolare, diviene non soltanto l'evocazione fonetica di una sonorità
seducente, ma anche l'approfondimento all'interno della natura
stessa del vocabolo, del sintagma, del verso, della frase. Certo il nostro
percorso lungo le tappe di una scrittura che si fa corpo, muove da un'attenzione
particolare alla dimensione stilistica, nel tracciato che, da Leo Spitzer, ci
porta a Giacomo Devoto, Gianfranco Contini, Giorgio Bàrberi Squarotti. Ma l'obiettivo
primario vuole tendere ad un risultato che esprima un particolare ed efficace
equilibrio testuale "significante/significato". La ricerca "nel"
linguaggio e "del" linguaggio non è fine a se stessa, ma vuole
condurre il nostro spirito nomade ad un maggiore coinvolgimento concettuale. Una
traccia liminare concede la sosta e la tregua, il passo e il suono, l'attesa
civile capace di riportare significato (ma significato ulteriore) ad un
contesto che mai come oggi necessita di contenuti e di riflessioni. La poesia
certo è il primo punto di riferimento, ma anche una prosa che sappia farsi
poetica, creativa; cioè che possa permettersi una nuova architettura della
pagina da abitare, in un progetto teso a dire, ma a dire nel modo imprevisto. Dopo
le esperienze letterarie che hanno inciso nel secolo scorso, le prime
avanguardie, il futurismo in particolare, l'epoca tra le due guerre che
si è caratterizzata sui grandi movimenti di espressionismo, surrealismo,
dadaismo...la feconda lezione dell'ermetismo (inteso come uso della
parola pura), il neorealismo, la neoavanguardia degli anni Sessanta, il
pubblico della poesia e la parola innamorata degli anni Settanta, il ritorno al
privato e all'io lirico degli anni Ottanta, un nuovo tentativo di
proporre correnti, come il mitomodernismo e il gruppo '93, negli anni
Novanta; il Duemila, poi, che ha visto l'industria culturale dominante
imporre un appiattimento a forme ormai consuete e ripetute, in un sostanziale
allontanamento dalla più vivace scrittura di ricerca, nonostante i molti autori
che hanno espresso invece risultati testuali altissimi, ma spesso obbligati ad
un ingiusto isolamento. A ciò è seguita anche una perdita di approfondimenti
inerenti all'osare scelte e opzioni verso una ben altra maturità
espressiva. Abbiamo potuto certo vedere esempi significativi di una poesia
filosofica intenta ad una raffinata elaborazione linguistica, condotta da
riviste di grande prestigio come Anterem, diretta da Flavio Ermini, e Testuale,
curata da Gio Ferri e Gilberto Finzi. Così significativo era stato il tentativo
di proporre il manifesto di una nuova poesia metafisica, a suo tempo espresso
da Giorgio Linguaglossa nella rivista Poiesis. O l'intento di segnalare
espressioni delle generazioni più giovani, anche se con opinabili approcci
verso il significato delle poetiche del Novecento, ad opera di Atelier, testata
diretta da Giuliano Ladolfi e Marco Merlin. All'alba di questi anni Dieci
del nuovo secolo, però, tutti i tentativi di costruire una linea di tendenza
non necessariamente finalizzata all'individuazione di una sorta di
canone, ormai obsoleto, ma di una costruzione dialogica, capace di confronto
anche delle posizioni più lontane o perfino antitetiche, hanno trovato soltanto
la mancanza di un esito in grado di puntare ad una possibilità di sintesi
(cadendo spesso nel limite ideologico). Forse un'utopia hegeliana ci
trascina verso qualcosa d'impossibile? Vorremmo ritrovare, nel nostro
percorso nomade, una traccia che riapra non solo il confronto, ma anche,
semplicemente, la conoscenza del dato reciproco, poiché nessun riscatto civile
sarà possibile se non si riacquisterà la capacità di pensare attraverso un
linguaggio poetico e prosastico talmente intenso e inaspettato da essere
svelante, maieutico. Il gesto di avviare, nel dialogo,
il suono delle parole; il suono di un linguaggio che è il solo a farci soggetti
pensanti e, quindi, responsabili.